venerdì 16 ottobre 2015

interrail
[prima parte]




    Avevamo diciannove giorni di Interrail ammassati nei polpacci e altrove, ma ce li portavamo discretamente. Almeno io, via, che mi sciacquavo dappertutto appena potevo e ogni due giorni mi radevo per forza, fosse pure specchiandomi nei lavandini malfermi dei treni in corsa. Lui appariva un po' più trasandato, ma magari era un atteggiamento.
    E invece loro erano stanche da morire ma in gamba, si vedeva, appoggiate con la schiena sulle schiene, e paia di calzini umidi a penzolare dagli zaini enormi, e italiane, come spiegava la maglietta di Lupo Alberto che indossava la più bruttarella; le altre due erano carine.
   
Stavamo appoggiati a un pilastro della stazione, a smezzarci e masticare solennemente l'ultimo croissant dell'Interrail, manco fosse l'ultimo della vita intera. Chiesi a Klady che si faceva, se aveva voglia, stavolta toccava a lui. Ma sì, rispose alzandosi, chiacchieriamo un po', che sennò si addormentava.

    - Per caso, vendete calzini bianchi?
    Loro restano spaesate quattro o cinque secondi. Poi, per fortuna, sorridono verso di noi. Avrebbero anche potuto prendersela.
    - Sì, ma solo usati e umidi. Due euro il paio…
    Lo dice la bruttarella, che ci scommetto quello che volete sarà come al solito la più simpatica e disinvolta eccetera. Deve esserci sotto una legge, qualcosa, fattori genetici.
    Comunque vengono da Lecco, Lombardia, Profondo Nord, mentre noi veniamo da Roma, vicino Roma, Caput Mundi. Loro sono Lia, Francesca e soprattutto Giulia, mentre noi siamo soltanto due: l'altro si chiama Klady, che è un nome albanese e non si scrive così.
    Sotto e intorno, c'è la Gare de Lyon, che è la stazione da dove parte il treno che ti riporta a casa, se per qualche motivo ti trovi a Parigi e casa tua sta a Lecco o vicino Roma.
    - Quindi siete di ritorno…
    - Sì, un paio di giorni sulla Costa Azzurra e poi casa.
    - Francia Belgio Olanda anche voi?
    - E Lussemburgo.
    - Il biglietto da 22 giorni.
    - No, noi quello da 12.
    - Ah, femminucce…
    Ridono, per fortuna. Avrebbero anche potuto prendersela.
    - Vabbè, raccontateci qualcosa, no? Vediamo che ci siamo perse in questi dieci giorni in meno...
    Questo lo dice Francesca, che ha un modo di guardare particolare, molto Nina Moric. Lia invece è bruttarella, ma ride sempre e sembra sapere un mucchio di cose: il tipo di ragazza che vorresti per sorella o compagna di banco. Giulia ha una voce bellissima, da speaker radiofonico.




    Per esempio, siamo stati a Mont-Saint-Michel, che è un posto con un'abbazia sopra un promontorio, e intorno il mare o la sabbia. Dipende dall'ora, dal periodo: è una questione di maree. In Italia, un posto così non esiste.
    E poi, sempre sulla costa, Saint-Malo — che è un altro must — e più giù, verso la Spagna, Biarritz. Con degli scogli fantastici, da cui
Klady ha potuto esibirsi nella sua specialità, ovvero il tuffo carpiato. Le ragazze fanno un oh d'ammirazione molto televisivo. Hanno classe, chi in un modo chi nell'altro. Io le guardo a turno, ma ogni tanto concedo un'occhiata bonus a Giulia. Klady, intanto, ha tirato fuori l'inseparabile mazzo di carte napoletane versione pocket e si sta sparando una briscoletta tête-à-tête con la Francesca.
    Allora vado avanti io, dico che ovviamente Parigi, con tutto quello che si sa e avranno visto anche loro. E in più una cosa che va raccontata. Una specie di osteria con un vecchio rivoluzionario corso che prepara delle tartine spettacolose. E quando ti vede col borsone da viaggio non ti fa pagare. Almeno, a noi è andata così, giuro.
    Entriamo. Il posto ce l'hanno consigliato all'ostello dicendo it's worth e qualcos'altro che il nostro inglese di scuola superiore non ha afferrato. Ci sediamo a un tavolo in un angolo: io su uno sgabellaccio,
Klady direttamente sullo zaino perché le sedie sono occupate, lontane o semirotte. Ma non ci scoraggiamo, dato che quasi subito viene verso di noi un omaccione coi baffi e senza capelli che sembra simpatico. Ci stende un foglio che è il menu e noi ci affrettiamo a scegliere due cose, con l'asterisco accanto e un prezzo abbordabile. Il vecchio fa un mezzo inchino e poi scompare dietro una tenda che nasconde la cucina. Dovete immaginare il locale, non c'è tantissima gente ma è gente particolare: studenti che sono o saranno fuoricorso, quarantenni con l'aria da intellettuali, anziani che sembrano vecchi lupi di mare trascinati a forza in città. Alle pareti, manifesti di iniziative che non capiamo a fondo ma hanno un che di politico-sociale, prime pagine di giornali internazionali, foto in bianco e nero di concerti o altro, in cui riconosciamo spesso, anche se con più capelli e meno baffi, l'uomo coi baffi. Che per noi sarà da quel punto in poi, e per me per sempre, il vecchio rivoluzionario.
    Insomma, niente: mangiamo le sue tartine spettacolose e gli facciamo segni d'apprezzamento. Quando ci alziamo per pagare, lui incomincia a chiederci delle cose mischiando il po' di tutte le lingue che conosce: come ci chiamiamo, da dove veniamo, cos'è l'Interrail. Finisce che non ci fa pagare e anzi ci manda via regalandoci due scatolette di tonno e una busta di pane tostato e una pacca sulle spalle e un bon voyage di commiato.
    Siamo stati anche ad Amsterdam, ovvio. E chi se la scorda, quella sera che ci siamo messi in testa di chiamare un amico in Italia per raccontargli che lassù è tutta un'altra cosa, altro che chiacchiere, e mi sono ritrovato a fare senza pensarci il numero di casa e a spiegare a mamma che sì, avevo già chiamato nel pomeriggio ma volevo vedere se andava tutto bene, no che non ero ubriaco, mi veniva da ridere ma non ero ubriaco. E chi se lo scorda,
Klady piegato in due contro la cabina telefonica.
    Abbiamo visto i mulini ad acqua, una vallata con decine e decine. Perché mica puoi andare in Olanda e non vedere i mulini ad acqua. E poi Bruxelles, con le palle dell'Atomium il ragazzino che piscia e la Grand Place, che una sera era tutta ricoperta di fiori e ci hanno spiegato che solo una volta ogni due anni, pensa che culo.
    E ancora tante altre cose, che ne so: un pomeriggio a Ostenda, i castelli della Loira, Lussemburgo, Metz.
    - Anche Metz? Cosa c'è a Metz?
    - Niente di sensazionale. Una bella cattedrale gotica e il fiume.
    - Solo la chiesa.
    - Vabbè, ma mica è la chiesa di Lecco. Voglio dire...
   
Klady, che è proprio un grande anche se a starci venti giorni insieme può diventare pesante anche lui — ma penso che dopo venti giorni per me lo diventerebbe chiunque tranne forse una persona che però venti giorni insieme non ce li ho passati e non ce li passerò mai — ha coinvolto pure Lia. Le sta insegnando il traversone, una sorta di tressette all'incontrario che a Lecco non si gioca.
    Io proseguo con Giulia, dicendole di quando a Nancy, in stazione, abbiamo messo su un Europa-Sudamerica due contro due, con dei ragazzi conosciuti in biglietteria. Che avremmo stravinto, se solo non ci avesse interrotti una guardia di parte sul quattro a tre per loro.
    E poi basta, adesso tocca a te, che ho la gola secca. Hai una voce
bellissima: usala ogni tanto, no?

[continua qui
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