mercoledì 20 settembre 2017

statue della libertà
[seconda parte]



[La prima parte la trovate qui.]


    Ci sono tre gruppi: il gruppo americano, il gruppo francese e il gruppo svizzero (che gli svizzeri hanno le banche e c'entrano sempre). Come nella più classica delle spy story, ogni gruppo ha una parte delle informazioni per arrivare all'obiettivo, ma senza le altre due parti non sa che farsene.
    Petroussiene ci racconta una storia che sembra il riassunto sconclusionato di mille storie sconclusionate già sentite: ci sono di mezzo templari, rosacroce, alchimisti, società segrete che tutti conoscono, fatti di dominio pubblico che non sono andati come il pubblico crede. E, ovviamente, c'è un incontro decisivo. Imminente. I tre gruppi devono aggregarsi, mettere insieme le informazioni, portare a compimento il loro piano.
     Dove?  chiede Paul.
     Quando?  chiedo io.
    Siamo a Brancion. Petroussiene ci spiattella la sua ricostruzione mentre ci spostiamo da una bancarella all'altra di quello che ci ha detto essere il più grande mercato del libro usato di Parigi, o forse il più antico, o forse entrambe le cose: non ricordo più. 
    Nel farlo, ogni tanto si avvicina a un libro che per qualche motivo lo incuriosisce. Lo apre, lo sfoglia pagina per pagina, cerca cose che non trova. E qua e là, d'improvviso, mentre ci racconta la sua storia sconclusionata, abbassa la voce e si guarda intorno. Quelli come lui  ormai lo so bene  prima o poi hanno il sospetto che qualcuno li stia spiando.
     Dove? – ridacchia e si domanda, retoricamente, con fare da maestro elementare.  È qui che entrano in gioco le Statue della Libertà!
    Come dire: tutto torna.
     Quanti sono i gruppi?  riprende Petroussiene.
     Tre,  faccio io, con aria da studente del primo banco.
     Quante Statue della Libertà ci sono a Parigi?
    E prima che io possa dire:  Tre!
     Quattro,  dice Paul, che ogni tanto mi stupisce, perché allora lo vedi che le sa, le cose?  Ce n'è pure una davanti al Museo d'Orsay.
     Quella non conta. Ce l'hanno spostata dopo.
    Paul mi guarda male e poi lo guarda male e poi dice qualcosa in francese che non capisco, ma deve essere l'equivalente di "vabbè, allora fa' 'n po' come te pare".
    Con quelli come Petroussiene  ormai lo so  prima o poi ti viene, da dirlo. Argomenti il tuo scetticismo, controbatti tre o quattro volte, e poi ti arrendi e lo dici.
     Ogni gruppo ha una statua di riferimento. Al momento convenuto, riceveranno un segno, apriranno una busta, romperanno un sigillo... qualcosa del genere. Due dei gruppi si metteranno in marcia verso il terzo e lì, ai piedi di una delle Statue della Libertà, avverrà l'incontro.
     Quando?  riprovo.
     Questa è la vera domanda,  risponde Petroussiene, caricando sul questa tutta l'enfasi che ha accumulato in anni di domeniche mattina passate a spulciare libri usati sui banchi di Brancion.




    Parc Brassens, poco distante, metà pomeriggio. Ci siamo sistemati su una panchina appartata, in un angolo, e Petroussiene ha srotolato con cura un foglio.
     L'ho trovato dentro una copia della traduzione francese del Pendolo di Foucault, comprata in una di quelle bancarelle ormai vent'anni fa. A un certo punto, ho capito che i tre gruppi comunicano tramite messaggi infilati dentro i libri di quel mercato. Loro, chiaramente, sanno dove cercare. Io devo andare un po' a caso: mi avvicino ai banchi dei venditori più sospetti, apro i libri che mi ispirano... Non è un'operazione facile, ma quella volta lì sono stato fortunato.
    Il foglio è abbastanza spoglio. Al centro, c'è uno schizzo appena abbozzato a matita di una figura umana che Petroussiene dice essere evidentemente una Statua della Libertà, ma che per me potrebbe anche essere la Giunone Cesi, il Discobolo di Mirone, una Madonna qualsiasi.
     Ma non sarà la fidanzata del liceo di quello che l'ha disegnata?  chiede Paul, saggio e ingenuo e adorabile com'è.
     È una statua, non una fidanzata,  sentenzia severo Petroussiene.
     Che poi nemmeno si capisce bene se è maschio o femmina...
     È la Statua della Libertà.
    Paul mi guarda male e lo guarda male e dice ancora una volta l'equivalente francese di "fa' 'n po' come te pare".
    Torniamo a sbirciare il foglio spiegazzato. Sotto lo schizzo, ci sono delle cifre scritte a lettere, opportunamente ordinate in colonna: 
    QUATRE
    VINGT
    DIX
    SEPT.
    Petroussiene è raggiante.
    Paul è stanco.
    Io sono curioso.
     È un numero di telefono?
     No. È la risposta alla nostra domanda.

    La tesi di Petroussiene è che un primo incontro, circa vent'anni fa, sia saltato per colpa di un delizioso equivoco. Uno dei gruppi ha interpretato le cifre come indicanti l'anno dell'incontro: quatre-vingt-dix-sept, ovvero '97. Quanto al giorno, devono aver pensato alla notte di San Giovanni; nulla di più classico.
     Non escludo che Eco fosse coinvolto nella faccenda e che il suo libro non sia stato altro che un'esca lanciata da uno dei gruppi per chiarire la data. Mi seguite? Credevano di sapere l'anno, ma non sapevano il giorno. Ovviamente, i gruppi non si conoscono tra loro; non è possibile una comunicazione diretta. Allora cosa fanno? Scrivono un libro di successo internazionale, che parla vagamente del tema, e suggerisce un incontro in prossimità di una Statua della Libertà, la notte di San Giovanni. Chi può capire, capisca...
    Petroussiene abbassa la voce ogni volta che passa qualcuno. La fontana spruzza acqua con fare sospetto. Una bambina vera ci guarda da sopra una carrozza finta.
     E quale sarebbe l'equivoco?
     L'equivoco è che la data l'hanno fissata gli americani. E, per loro, quatre vingt dix sept non significa in nessun modo 97.
    La storia è sconclusionata, ma un po' mi sta appassionando. Anche Paul ha smesso di guardarlo male. Quando senti le storie di quelli come Petroussiene  ormai lo so  alla fine un po' ti ci appassioni pure.
     E cosa significherebbe invece?
     Quatre è il mese. Vingt, il giorno. Dix-sept, l'anno.
     20 aprile 2017...  calcola Paul.
    Quattro occhi a palla puntati contro Petroussiene, che sorride diabolico, e hai l'impressione che ti guardi attraverso.
     Oggi!

    Ci dividiamo:
    Petroussiene dice che lui va a Luxembourg, perché è il vertice alto del triangolo quasi isoscele e i Vecchi Saggi non possono che aver scelto quello, come punto di incontro, per fare in modo che gli altri due corrieri, partendo dalle altre statue nello stesso istante, arrivino all'incontro nello stesso istante: contorto, ma scientifico. 
    Paul dice che lui va al Conservatoire, perché così è vicino a casa sua e non rientra troppo tardi, che se fa tardi gli si riempie casa di formiche. 
    A me, resta l'Isola dei Cigni.
    L'incontro dovrebbe avvenire a mezzanotte più il tempo dello spostamento. Per sicurezza, dice Petroussiene, ciascuno resti nella sua zona fino alle due.




***

    E invece oggi è il 20 settembre 2017. Neuf, vingt, dix-sept, direbbe Petroussiene.
    Paul e io sediamo sull'erba del solito Parc André Citroen e ci godiamo gli ultimi raggi di sole di questa temperata fine estate.
    Ovviamente, poi, quella notte di cinque mesi fa esatti, non s'è fatto vivo nessuno. Io mi sono beccato tutta l'umidità notturna di metà aprile di un'isolotto deserto sulla Senna; per fortuna, mi ero portato da leggere. Paul è rientrato a casa alle due e un quarto, giusto in tempo per mettere del borotalco nuovo nei buchetti tra l'armadio e la parete. Petroussiene, lui l'hanno beccato le guardie che scavalcava le inferriate del Jardin de Luxembourg, mentre si arrampicava per uscire, sconsolato, verso le tre di notte, e gli è toccato pure passare qualche ora in questura.
    Guardiamo la mongolfiera azzurrognola che si solleva per l'ennesima volta. Maestosa, nella sua rotondità. Quasi sferica, direbbe Petroussiene. Oggi, a me le mongolfiere fanno pensare a quattro cose: la sede delle Generali di Verona, gli abbottapallò, Willy Fog che dice a Rigobon "bisogna che guadagniamo più quota", e, da quella giornata di cinque mesi fa esatti, la storia sconclusionata di Petroussiene.
    Tiro fuori l'accendino e accendo la pipa.
     Che adesso, almeno, quell'accendino ti serve pure a qualcosa,  ha scherzato Petroussiene, carezzandosi i baffetti, subito dopo avermela regalata. Era maggio. Il giorno dopo, è partito per New York. S'era messo in testa che forse non avevamo sbagliato data, ma continente. Adesso sarà a Manhattan, in un caffè con vista sulla Liberty Island, che racconta storie affascinanti e smandrappate a qualcuno che non è né americano né francese.
     Che poi che c'entravano gli svizzeri?  chiede Paul, che evidentemente ogni tanto ci ripensa pure lui, a questa storia qui. 
    Mi guarda, guarda l'accendino, guarda la pipa, guarda la mongolfiera.
    Poi raccoglie un sassetto con la forma giusta, lo tira di sguincio sull'erba, e conta a voce alta i rimbalzi che fa.

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